Vi ricordate quando Snapchat aveva introdotto le Stories? Forse no, perché se avete la mia età e quindi siete dei primi anni ’90 siete già troppo vecchi per capirne il funzionamento. E se l’avete capito non è stato grazie a Snapchat ma per qualche altro… copiatore. Eh sì, perché Snapchat, diciamocelo, è complicato per noi che siamo cresciuti con il web 2.0, dove già Facebook sembrava un’evoluzione (o involuzione?) mica da poco rispetto a Netlog.
Ma non è di questo che voglio parlarvi, il passato del web e dei social media, la loro evoluzione o involuzione. No, questo editoriale è dedicato alle Stories, una nuova forma di fare social networking.
Zuckerberg offrì 3 miliardi di dollari al fondatore di Snapchat
E allora vi faccio un’altra domanda. Ve la ricordate quella volta che Mark Zuckerberg, fondatore e attuale CEO di Facebook, ha provato ad acquistare Snapchat per tre miliardi di dollari? Era il 2013 ed Evan Spiegel, fondatore di Snapchat allora ventitreenne, ha risposto con un secco NO a Zuckerberg, commentando che “l’offerta era troppo piccola per la sua app”.
Zuckerberg però è un’imprenditore di successo ormai, l’ha fatto in passato (il film The Social Network ce l’ha insegnato chiaramente) quando non era nessuno, perché mai non potrebbe farlo ancora? E infatti l’ha rifatto. Zuckerberg è così, bravo ad applicare le idee altrui, a copiarle migliorandole, oppure ad acquistarle direttamente (se ci riesce). Ma ad inventare no, quella è materia per pochi eletti.
Ed è successo di nuovo infatti, proprio nel corso dell’ultimo anno e nei primi mesi del 2017. All’inizio è partito con Instagram, integrando le Stories nella parte alta della schermata dell’applicazione. Strategia che ha rubato molto traffico a Snapchat sin da subito, dove l’utilizzo delle Stories sono notevolmente calate nell’ultimo periodo. Merito anche dei molti vip già presenti su Instagram da tempo che hanno cominciato ad utilizzarle assiduamente.
Ma cosa sono queste Stories e a cosa servono?
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. Le Stories sono dei brevi filmati della durata di pochi secondi registrati con il proprio telefonino e caricate online su Snapchat (e non solo). Queste Stories restano online 24 ore, ossia una giornata. Quindi non sono permanenti e gli amici e gli altri seguaci possono visualizzarle solo in quelle 24 ore, poi verranno eliminate definitivamente.
Sono un ottimo modo per mostrare cosa si fa durante la propria giornata. In pratica sono l’evoluzione del social network classico. Ora non serve scrivere cosa stiamo facendo in un preciso momento, basta accendere la fotocamera dello smartphone e mostrarlo con dei brevi video. Semplice no? Per i più giovani sì, per gli altri, come sempre, un po’ meno.
Fatto sta che visto il successo delle Stories su Instagram, Zuckerberg ha pensato bene di portarle anche su Facebook, anche se per ora sono disponibili solo per una piccola fetta di utenti. Non solo, il classico status di WhatsApp ora si è trasformato anche lui in “Stories”. Una vera e propria guerra a Snapchat.
La strategie è semplice e chiara: rubare più clienti possibili a Snapchat, che sono proprio quei ragazzini che preferivano il “social del fantasmino” per un motivo di privacy e perché no, diciamolo, non ci sono i genitori iscritti come invece ci sono su Facebook & Company.
Perché mai dovremo credere in un futuro roseo per Snapchat?
Due giorni dopo l’IPO di Snapchat e la sua entrata in borsa a New York, mi è venuto in mente di scrivere questo editoriale per un motivo in particolare. Data questa guerra a colpi di Stories, mi chiedevo la motivazione che ha spinto in questi due giorni tanti investitori a credere nel futuro di Snapchat. Vi ricordiamo infatti che le azioni emesse non danno diritto di voto, quindi tolto qualche speculatore gli altri devono pur essere investitori che credono nel futuro dell’azienda (in gergo, i longers).
Qual è la loro motivazione? Certo, Snapchat ha commercializzato da poco gli Spectacles, occhiali che hanno la caratteristica di registrare filmati circolari, novità assoluta nel settore. Però questi occhiali non sembrano aver preso piede. Senza contare che non si è ancora capito come l’azienda si monetizza, ossia quale sia il suo business model e come questo porta delle entrate alle casse aziendali.
A meno di varie sorprese che ad oggi non conosciamo, personalmente la vedo dura per l’app di Evan Spiegel che non ha neppure più l’esclusiva sulle funzioni classiche di sempre. Pensiamo infatti alle “maschere”, quella specie di filtro della fotocamera che ci permette di modificare il nostro volto con vari effetti speciali. Funzione esclusiva di Snapchat inizialmente, ma ora copiata spudoratamente sia da Messenger (app del gruppo Facebook Inc.) sia dall’app Facebook stessa.
Insomma, tra filtri fotocamere e Stories, Facebook Inc. sta cercando di eliminare la concorrenza in modo totalmente spudorato a mio avviso. Personalmente mi chiedo come sia possibile che si lasci il via libera ad azioni del genere, forse perché è un mercato non ancora considerato dalle Autorità (?). Ma d’altronde, da un servizio nato da un’idea copiata da altri, che cosa ci si potrebbe aspettare? (Sempre un insegnamento del film The Social Network)
D’altra parte, ahimè, va detto che Zuckerberg è capace di far conoscere i “suoi” prodotti e i “suoi” servizi a tutti. Le Stories, che solo i ragazzini utilizzavano finché erano su Snapchat, ora le utilizzano un po’ tutti su Instagram, dai vip ai nostri genitori.
Caro Mark, la forza e il potere della tua azienda è enorme, sfruttala a dovere e innova come fanno altri tuoi colleghi con la stessa tua disponibilità economica (qualcuno ha detto Elon Musk?) e lascia stare le altre povere start-up che cercano di differenziarsi in un mercato sempre più piatto.
Fonti: Repubblica – NYSE
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