Lo sfruttamento all’epoca del web

no allo sfruttamento selvaggio dei blogger

Molte volte si parla di sfruttamento nel campo del lavoro, in vari ambiti. Ma di sfruttamento nel web, se ne parla?

no allo sfruttamento selvaggio dei bloggerGiovani sottopagati, operai che lavorano (quasi) gratis, stagisti a tempo illimitato, lavoratori autonomi che pagano per lavorare, tutte cose che sentiamo nei TG di tutti i giorni e che fanno rabbrividire alla sola idea. C’è però un ambito che viene sottovalutato di molto in Italia. Il web, qui da noi, viene visto da (quasi) tutti come un bene secondario, come una cosa indipendente che funziona da solo. Nessuno pensa che dietro ad un post e un articolo ci sono ore e addirittura giorni di lavoro e preparazione. Per cosa? Per avere qualche visita e qualche spicciolo che, forse, ripagherà le spese di manutenzione di blog / sito web.

No, non stiamo parlando di noi. Stint Up è, ovviamente, una testata non registrata. E come oramai sapete ci sosteniamo autonomamente e grazie a qualche offerta (che nel frattempo vi ricordiamo potete fare cliccando sul banner “Supporta Stint Up” nella sidebar a destra). In ogni caso le spese del blog non si ripagano mai. Nulla di male, il nostro è un passatempo e come tale dev’essere. Ma ciò non vale per testate registrate con tanto di articolisti (centinaia) “dipendenti”. Sì, le virgolette non sono a caso. Infatti dietro a queste testate giornalistiche indipendenti ci sono centinaia di blogger che scrivono. Il problema è che la maggior parte di loro scrivono gratis. Ciò riguarda la maggior parte di testate giornalistiche online, che faticano a vivere nonostante questo “sfruttamento”. Il fatto è che, come vi dicevo, con la pubblicità online si guadagna davvero poco. Immaginatevi mantenere grossi portali con migliaia di visitatori giornalieri che a volte rasentano il milione. Ovvio che grossi gruppi come Repubblica, ilSole24Ore o l’Espresso, grazie anche a giornalisti famosi e importanti nel panorama italiano e internazionale, riescono a surclassare i “piccoli” portali online che, tra l’altro, non possono far altro che affidarsi a quei blogger che offrono il loro lavoro gratis.

Ma perché lavorare gratis? Qual è il motivo che spinge questi blogger (per lo più giovani) a “perdere” ore nel stendere i loro articoli senza percepire un euro? La risposta è semplice: questi portali, avendo una portata incredibile di utenza e forti di canali social molto popolari, sono la base di partenza per farsi pubblicità “gratis”. – Io scrivo un articolo per te gratis, in cambio tu mi offri di farmi pubblicità con tanto di link al mio blog/pagina personale sullo stesso articolo che ho scritto – così funziona nel mondo web. Ed è così che anche Stint Up offre spazi per articolisti. D’altronde i guadagni sono quello che sono (rasenti lo zero). La cosa, però, fa arrabbiare in certi casi. Noto quello dell’Huffington Post (anche se ora le cose dovrebbero essere cambiate). L’Huffington Post è una grossa testata editoriale presente in vari paesi, una delle poche indipendenti che guadagna una “montagna di soldi”, grazie soprattutto al bacino di utenza che porta l’edizione statunitense. Ora però si spera che il gruppo abbia cominciato a pagare i suoi “giornalisti”, dato che è entrato a far parte del gruppo l’Espresso. Se per caso tra di voi c’è qualcuno che lavora presso l’Huffington Post e vuole smentirci, lo faccia pure nei commenti.

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