La stampa tedesca durante la mattina di domenica 15 marzo ha sganciato una bomba mediatica: Washington vorrebbe l’esclusiva per il brevetto del vaccino contro il coronavirus.
Secondo quanto riportato da Rai News, si tratterebbe di una “guerra segreta” tra Washington e Berlino, con un solo scopo: garantirsi il brevetto del vaccino per il coronavirus.
A sviluppare il vaccino è infatti la CureVac, una casa farmaceutica tedesca. Tuttavia secondo la stampa tedesca il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, avrebbe tentato di acquisirne l’esclusività.
Trump avrebbe offerto una cifra cospicua (si parla di un miliardo di dollari) alla società biofarmaceutica, che tuttavia sembrerebbe aver rifiutato l’offerta. L’offerta era per avere il vaccino “in esclusiva USA”.
La Casa Bianca non sarebbe la sola però, visto che sempre la stessa fonte (vedi sotto) cita anche il governo di Berlino come principale offerente, per l’utilizzo del vaccino in Germania e in Europa.
L’accusa degli scienziati USA: profitti Big Pharma e austerità pubblica rallentano (anche) il vaccino contro il coronavirus
E’ un’accusa che potrebbe risuonare in tutto il mondo, finendo nelle prime pagine di tutti i quotidiani internazionali. Alcuni scienziati USA sostengono che ci potrebbe essere un vaccino pronto e testato negli Stati Uniti.
Un vaccino che avrebbe permesso di combattere nuove e gravi forme di coronavirus, come quella che ha scatenato l’epidemia del Covid-19.
Non si è arrivato a questo per un semplice ma importante motivo: la carenza di fondi, privati o pubblici, nei laboratori accademici.
Tutto comincia nel 2016, quando l’allarme di nuovi possibili epidemie (o addirittura pandemie, come quella che stiamo vivendo con il Covid-19) veniva archiviato in modo troppo semplicistico.
Il business dei vaccini non era poi così redditizio all’epoca per le grandi case farmaceutiche che, come qualsiasi altra azienda al mondo, mette al primo posto sempre i propri bilanci.
[su_quote cite=”Peter Hotez, co-direttore del Centro texano e rettore della National School of Tropical Medicine al Baylor College of Medicine di Houston”]Avevamo cercato disperatamente di convincere investitori o di ottenere finanziamenti per muovere la ricerca verso la fase dei test clinici. Avremmo potuto avere tutto pronto e sperimentare la sua efficacia agli inizi della nuova epidemia in Cina. È tragico non avere un vaccino pronto per questa epidemia. Combatteremo questi focolai di contagio con una mano legata dietro la schiena. Esiste un problema con l’ecosistema dello sviluppo dei vaccini e dobbiamo risolverlo.[/su_quote]
Hotez si riferisce in principio al potenziale vaccino contro il Sars che era stato messo a punto grazie al progetto ma che è rimasto congelato agli stadi iniziali a causa dei tagli al settore.
Peter è infatti altamente convinto che quel vaccino (contro la Sars) avesse la chance di essere efficace anche contro il nuovo virus che provoca il Covid-19 (nuovo coronavirus).
Ironia della sorte, secondo Hotez quei test clinici avrebbero richiesto 3 milioni di dollari. Una nullità in confronto ai danni che sta provocando ora il Covid-19 in stato pandemico, senza contare le tragedie umane.
[su_quote cite=”James LeDuc, direttore del Galveston National Laboratory, istituto ad alta sicurezza sulla Costa del Golfo”]Come Paese e come società dobbiamo essere più agili nel riconoscere che nuove malattie arrivano, e che quando arrivano potrebbero tornare, magari non esattamente identiche ma molto simili. È stato un peccato dover smettere quel lavoro e dover cercare di ricominciarlo.[/su_quote]
LeDuc ha anche precisato che ora, seppur con grande ritardo, la ricerca sul vaccino per il Sars, per il quale aveva collaborato con Hotez e la sua squadra, è ora ripresa.
Dopo aver ricevuto un campione del nuovo coronavirus Covid-19, si testerà il vaccino su alcune cavie.
[su_quote cite=”Jason Schwartz, Yale School of Public Health”]Se non avessimo parcheggiato il programma di ricerca sul vaccino per il Sars, avremmo molto più. Occorre essere certi che ci siano incentivi al di fuori dal nostro tradizionale modello di business che possano portare a maggiori investimenti in ricerca essenziale.[/su_quote]
Pochi profitti per le Big Pharma
Il problema principale resta quello dei pochi profitti da parte delle grandi cause farmaceutiche (Big Pharma) in tema vaccini.
L’ultima volta che il governo americano approvò un programma nazionale di vaccinazione fu il 1976, era l’anno dell’influenza suina, che raggiunse 45 milioni di persone.
In quell’occasione le case farmaceutiche tennero ferme 100 milioni di dosi di vaccini per mesi nonostante l’urgenza, in attesa che il governo USA desse loro garanzia di profitti certi e una totale copertura legale in caso di problemi.
Non sorprende quindi poi molto la “guerra segreta” tra Washington e Berlino, riportata in mattinata dalla stampa tedesca, per accaparrarsi il brevetto del vaccino per il coronavirus.
[su_quote cite=”Gerald Posner, New York Times”]Covid-19 è il caso esemplare per verificare se le società farmaceutiche potranno diventare autentici partner per sviluppare il più rapidamente possibile un vaccino che potrebbe salvare molte vite. La risposta potrebbe determinare come scienza e medicina affrontano non solo l’incombente pandemia ma futuri super-batteri e pandemie virali considerate inevitabili.[/su_quote]
Negli ultimi anni i vaccini hanno avuto una leggera crescita grazie a voi campagne mediatiche e a specifici prodotti redditizi.
Secondo AB Bernstein, si tratta di un mercato che potrebbe superare i 35 miliardi di fatturato annuale. Un aumentato di sei volte in vent’anni.
L’ultimo successo in termini economici sul fronte vaccini è il Gardasil della Merck. Si tratta di un vaccino antitumorale HPV, contro il papillomavirus. Ci sono voluti vent’anni di sviluppo prima del lancio e dal 2006 fattura 1,3 miliardi di dollari l’anno.
Il mercato dei vaccini è però di fatto un oligopolio, visto che l’85% è controllato da quattro giganti del settore farmaceutico: GlaxoSmithKline, Merck, Pfizer e Sanofi.
Secondo gli analisti il mercato dei vaccini rimane infatti molto difficile, visto che richiede ingenti investimenti, continua ricerca e innovazione e conseguenti costi altissimi, cosa che solo in pochissimi possono permettersi.
Senza contare che il settore rappresenta, ad oggi, forse il 3% del business farmaceutico. Un’inezia. E le case farmaceutiche sono aziende, con i relativi investitori e azionisti che difficilmente vanno oltre ai numeri. Purtroppo.
Fonte: Welt am Sonntag | Via: RAI – IlSole24Ore
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