Coronabond, cosa sono, a cosa servono e Paesi contrari

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Negli ultimi giorni avrete sicuramente sentito parlare di Coronabond (o coronavirus bond), obbligazioni emesse dai vari Stati per coprire le rispettive spese.

La motivazione di tale scelta è semplice: l’impatto che il coronavirus avrà sull’economia sarà devastante. Gli annunci di aiuti verso la popolazione e iniezioni di liquidità degli ultimi giorni non sono casuali.

Dai coronabond al Recovery Fund:
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Secondo S&P il PIL dell’Italia nel 2020 calerà del 2,6% mentre Goldman Sachs è ancora meno ottimistica, pronosticando un -3,4%. Moody’s ci va giù ancora più pesante, prevedendo un -4,5% nel primo semestre.

Non va meglio nel resto d’Europa e del Mondo, con Moody’s che prevede un -5,4% per il PIL tedesco nel primo semestre del 2020 e a livello globale invece un PIL per:

  • Eurozona -2,7%
  • Cina -27,2% (ma prevista impennata dopo I trimestre)
  • Globale -0,4%

Morgan Stanley prevede addirittura un crollo del 30% del PIL USA nel secondo trimestre.

Se andiamo ad analizzare altri dati, come l’Indice Pmi manifatturiero:

  • Eurozona: cala a 44,8, servizi al minimo storico
  • Francia: crolla a 29, minimo da 1998
  • Germania: cala a 45,7, indice servizi crolla a 34,5
  • UK: cala a 48 punti, servizi a 35,7, minimo storico

Il FMI infine scrive che nel 2020 è prevista una recessione uguale o peggiore di quella causata dalla crisi del 2008.

I vari Stati hanno cominciato quindi a preparare piani storici e imponenti per rilanciare l’economia, come quello pari a 1.100 miliardi della Germania e quello da 2.000 miliardi degli Stati Uniti.


Le tappe:

Perché alcuni Stati (tra cui l’Italia) vorrebbero i Coronabond

I Coronabond sarebbero (perché per ora sembra non esserci accordo tra Stati) obbligazioni europee, emesse dai singoli Paesi dell’Unione.

Perché alcuni Stati li vogliono? Perché con i Coronabond si arriverebbe a coprire almeno parzialmente le spese sostenute durante la pandemia, sia dal punto di vista economico e industriale sia da quello medico sanitario.

Con questi bond gli Stati più soggetti alla pandemia e che hanno avuto più danni potrebbero finanziari gli investimenti e le spese sostenute durante la stessa.

Un esempio è la costruzione di ospedali con un numero maggiore di terapie intensive e reparti più moderni e all’avanguardia (l’Italia, ad esempio, ha quasi 5 volte in meno i posti in terapia intensiva rispetto alla Germania).

Non è un caso che sia stato proprio il Presidente del Consiglio dell’Italia, Giuseppe Conte, a proporre questo strumento all’UE, facendo parecchia pressione ai vari Stati.

La proposta sarebbe di emettere titoli per un totale di 500 miliardi di euro. I titoli verrebbero garantiti dalla BEI (Banca Europea degli Investimenti) o altri enti creditizi (non dalla BCE).

La lettera alla UE con la proposta di emettere coronabond è stata firmata da:

  • Italia
  • Francia
  • Spagna
  • Belgio
  • Slovenia
  • Irlanda
  • Portogallo
  • Grecia
  • Lussemburgo

I precedenti ci sono: l’esempio cinese

La Cina ha emesso durante il mese di febbraio un quinto dei titoli (di tutti i collocamenti in Yuan, non effettuati da società finanziarie) in supporto alla sanità pubblica e all’industria farmaceutica.

Il Paese asiatico ha utilizzato dei canali preferenziali per l’emissione, in modo da agevolarne la collocazione sul mercato.

I Coronabond cinesi hanno permesso a molte aziende locali di finanziare i debiti accumulati durante l’epidemia nel Paese, raccogliendo oltre 34 miliardi di dollari ad un “tasso agevolato”.

Vari settori, dal farmaceutico all’immobiliare hanno infatti utilizzato i bond per finanziarsi a basso costo grazie ai rendimenti intorno all’1,6% e il 6%.

Un tasso di interesse più basso rispetto ai titoli di debito degli stessi emittenti, grazie all’intervento delle Banche statali cinesi che hanno comprato in modo massiccio i coronabond cinesi.

Come abbiamo visto in Cina la produzione è già pronta per tornare ai regimi massimi pre-pandemia. Questo grazie anche ai prestiti agevolati da parte delle Banche statali cinesi verso i produttori di beni di prima necessità.

Paesi contrari: a rischio l’Unione

Lo ha ribadito più volte lo stesso Conte, nel proporre agli altri Stati dell’UE i Coronabond, come in questa occasione si vedrà l’importanza e la solidità dell’Unione Europea.

Questa è infatti una crisi per tutti i Paesi dell’UE e ogni ritardo nel prendere provvedimenti in materia economica e finanziaria potrebbe essere letale, specie in un momento in cui la Cina sta ripartendo e altri (USA) non stanno di certo lesinando sugli aiuti economici.

Tuttavia proprio nella serata del 26 marzo arrivano due bei NO ai coronabond:

  • Austria. Il primo no è quello del cancelliere austriaco Sebastian Kurz: “Respingiamo una mutualizzazione generalizzata dei debiti”.
  • Germania. Il secondo no della giornata arriva prima dal ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz: “Non ritengo che gli Eurobond siano lo strumento giusto”. E poi in serata dalla cancelliera Angela Merkel: “La Germania è contraria ai coronabonds per affrontare la crisi del Covid-19”.
  • Olanda.

La presidente della Commissione UE dice NO

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in un’intervista alla Dpa ha specificato che la Commissione europea non pianifica l’emissione di bond propri sui debiti.

[su_quote cite=”Ursula von der Leyen”]Su questo ci sono chiari confini giuridici, e non c’è un piano. Non lavoriamo a questo. La parola coronabond è solo una sorta di slogan. Dietro c’è la grande questione delle garanzie. E su questo le riserve della Germania come di altri paesi sono giustificate. L’obiettivo dell’Europa è sempre stato l’avvicinamento delle condizioni economiche. L’Italia non è colpevole della crisi esplosa col coronavirus e viene colpita economicamente in modo molto pesante e le imprese vanno salvate. Per questo, come Commissione, abbiamo ricevuto il mandato dal Consiglio di elaborare un piano di ricostruzione. Questo è il binario sul quale stiamo lavorando.[/su_quote]

Vicepresidente BCE favorevole ai coronabond

Il vicepresidente della BCE, Luis de Guindos, ha dichiarato in data 30 marzo alla radio spagnola Cope: “Sono a favore dei coronabond”. “Si tratta di una pandemia che avrà ripercussioni su tutti” e che “è completamente diversa da quelle del 2008-2009-2010”.

Altro NO dalla Germania

Tuttavia durante la stessa giornata del 30 marzo, il portavoce del ministero delle Finanze tedesco, Dennis Kolberg, in conferenza stampa a Berlino, ha dichiarato che “Abbiamo già preso misure notevoli. Ora la questione è come sostenere il credito e per questo c’è il Mes”.

Il 31 marzo la Germania ribadisce il no verso i coronabond. A ribadirlo è il ministro delle finanze tedesco, Olaf Scholz: “Siamo pronti per la solidarietà, ma una solidarietà ben ponderata”.

IlSole24Ore scrive che “il ministro ha ribadito il netto rifiuto di Berlino di istituire «corona bond», prestiti comuni ai 19 Paesi della zona euro e richiesti da diversi partner, tra cui Francia, Spagna e Italia, per di fronte alla crisi economica causata dalla pandemia di coronavirus”.

Il NO è anche dall’Olanda

In data 31 marzo il ministro olandese delle finanze, Wopke Hoekstra, che è stato sommerso di critiche anche da parte del suo Paese, ha fatto un mea culpa per aver mostrato “troppa poca empatia” verso gli Stati del Sud Europa. Tuttavia ha ribadito che “la nostra posizione sui Coronabond è ferma”.

Intellettuali, politici e economisti tedeschi favorevoli ai coronabond

Intellettuali, politici e economisti tedeschi firmano un appello in uscita il 2 aprile 2020 su Die Zeit, schierandosi a favore dei Coronabond e di un fondo europeo per il coronavirus.

L’ANSA ha anticipato il testo, firmato da: vedi citazione sotto.

Se il Nord non aiuta il Sud, non perde solo sé stesso ma anche l’Europa

Peter Bofinger, Dany Cohn-Bendit, Joschka Fischer, Rainer Forst, Marcel Fratzscher, Ulrike Guérot, Juergen Habermas, Axel Honneth, Eva Menasse, Julian Nida-Rümelin, Volker Schlooendorff, Peter Schneider, Simon Strauss, Margarethe von Trotta

Il vice-presidente della Commissione UE favorevole agli eurobond

Valdis Dombrovskis, vice-presidente della Commissione UE, si è detto favorevole all’emissione degli eurobond.

[su_quote cite=”Valdis Dombrovskis”]Siamo aperti a ogni opzione, abbiamo bisogno di una risposta ambiziosa, coordinata ed efficace contro la crisi. Siamo pronti a facilitare questo lavoro.[/su_quote]

La Germania rimane ferma sulla sua linea

Il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz ribadisce che “l’Italia desidera una forte risposta europea alla pandemia e ha ragione” e che “bisogna darla” ma anche che i coronabond non sono adeguati.

Germania e Olanda non cambiano idea

Durante la giornata del 9 aprile 2020 l’Eurogruppo ha trovato un parziale accordo ma niente da fare per eurobond o coronabond che dir si voglia. I no arrivano nuovamente dall’Olanda e dalla Germania.

Premier olandese Rutte: “Sulle condizioni per il Mes non dirò niente” ma continua ribadire la contrarietà dei Paesi Bassi al “debito comune”.

Merkel: con Mes, Bei e Sure molti miliardi sul tavolo, ma quando le si chiede degli eurobond la risposta è “ci sono altre soluzioni”. “Voi sapete che io non credo che si dovrebbe avere una garanzia comune dei debiti e perciò respingiamo gli eurobond”.

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