La Cina si era già pronunciata in passato contro i Bitcoin cercando di rallentare il trading (fermando gli exchange locali) e il mining. Tuttavia sembra che ora il Paese voglia bloccare anche gli exchange stranieri, il che provocherebbe una grossa botta alle criptovalute togliendo moltissima liquidità sul mercato.
Nel momento in cui scrivo Bitcoin scambia a 6900 dollari, ma le fluttuazioni sono talmente repentine che non faccio nemmeno a tempo a scrivere il loro valore che è già cambiato. La speculazione su questo nuovo strumento finanziario è ormai palese a tutto e in pochi riescono a capirne il trend.
Il blocco in Cina
La People’s Bank of China (Pboc) metterà al bando tutte le piattaforme domestiche e straniere per lo scambio di criptovalute e i siti per le Ico, almeno secondo il South China Morning Post.
Il South China Morning Post scrive: “Le Ico e il trading sulle valute virtuali non sono state del tutto bloccate in seguito al divieto ufficiale. Le transazioni transfrontaliere e l’evasione delle regole sono riprese… i rischi sono ancora ben presenti, alimentati dall’emissione illegale di prodotti, e dalle frodi e dagli schemi piramidali”.
Stop anche dalle banche inglesi e americane
Oltre a JP Morgan Chase e Citigroup, questo fine settimana anche Lloyds, leader britannico nelle carte di credito, ha deciso di vietarne gli acquisti con le proprie carte di credito.
Perché? Semplicemente perché c’è il timore che i clienti si indebitino con la carta per l’acquisto di valute senza essere in grado poi di coprire le perdite.
Come se non bastasse, Mastercard e Visa hanno aumentato le commissioni per le criptovalute, che sono passate da essere definite semplice “acquisto” ad “anticipo di valuta” (quella che si utilizza al bancomat per avere contanti con carta di credito). In pratica è successo che le commissioni base, del 4%, applicate alle normali transazioni, sono lievitate di un altro 5%.
Se per esempio su Coinbase, per evitare la lentezza del bonifico, facciamo una transazione con la nostra carta, paghiamo il 4%. Da ora in poi oltre a questa va aggiunto un altro 5%.
Draghi: asset molto rischiosi
Sui Bitcoin è intervenuto anche il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, che durante un’audizione al Parlamento europeo ha sottolineato come le monete virtuali “sono al momento nello spazio non regolato, e dovrebbero essere viste come asset molto rischiosi, soggetti ad alta volatilità e speculazione“. Inoltre ha spiegato che il Single supervisory mechanism, cioè la vigilanza bancaria unica, “sta studiando come identificare i rischi prudenziali che (le valute virtuali, ndr) pongono alle banche”.
Oggi si pronuncia la SEC
Jay Clayton, presidente della Sec (l’equivalente della nostra Consob), ha affermato in Congresso che la Sec “sostiene gli sforzi per una maggiore chiarezza e trasparenza sul mercato delle criptomonete ed è pronta a valutare l’introduzione di regole”.
Si tratta infatti di una vera e propria esigenza, dettata dal fatto che la normativa attuale (sia americana ma anche europea) non è adeguata al mercato delle criptomonete.
Anche il presidente della Commodity e Futures Trading Commission, Christopher Giancarlo: il Congresso dovrebbe rivedere le regole statali sulle valute digitali e sulle piattaforme di scambio perchè l’attuale sistema di concessione delle licenze stato per stato ha dei limiti. Una stretta negli Stati Uniti sarebbe un duro colpo per il Bitcoin, di cui gli States sono il primo mercato.
L’attuale rimbalzo (6 febbraio)
Se la Sec si pronuncerà a favore e non sarà troppo restrittiva, potremo assistere al rilancio delle criptovalute in maniera positiva, grazie ad un ritorno dei capitali (quelli grossi si intende).
Nel frattempo nel grafico giornaliero Bitcoin scambia con il dollaro a 7350 segnando quasi un +7%, ma potrebbe trattarsi solo di un piccolo rimbalzo temporaneo dopo aver toccato e sconfinato per poco il supporto a 6000 (molto importante per chi segue l’analisti tecnica).
Fonte: IlSole24Ore
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