C’è un video che nelle ultime settimane è diventato a dir poco virale nei social media. Il motivo è semplice: le principali testate giornalistiche e alcuni blog hanno trasformato la notizia cercando di renderla uno scoop. Come? Semplice: hanno intitolato i loro articoli come sanno ben fare per ottenere qualche click in più.
“Chi è Eugen Merher, autore dello spot rifiutato da Adidas diventato virale” o ancora “LA PUBBLICITÀ CHE LA ADIDAS HA RIFIUTATO E CHE OGGI HA MIGLIAIA DI VISUALIZZAZIONI”. No, non sono pagine Facebook create da personaggi oscuri. Il primo è il titolo dell’articolo su agi.it, il secondo è il titolo dell’articolo pubblicato su tpi.it. Insomma non stiamo parlando certamente di blog di quartiere ma di due dei più autorevoli (così dovrebbero essere almeno) portali web.

Il problema infatti è che lo stesso autore del video, Eugen Merher, ha commentato il tutto così:
[su_quote cite=”Eugen Merher, 26 anni, studente al Filmakademie Baden-Württemberg, Germania” url=”http://www.huffingtonpost.com/entry/students-adidas-commercial-is-everything-advertising-should-be_us_586d1811e4b0d9a5945d53c1″]
Abbiamo provato ad inviare il filmato al reparto commerciale di Adidas, ma non abbiamo ricevuto risposte.
[/su_quote]
Nessun rifiuto, insomma, ma anzi, c’è di più. Lo stesso Eugen ha ammesso che si tratta di pubblicità spec (spec ad), tanto che la scuola che frequente non è nuova in questo genere di iniziative. Queste pubblicità vengono realizzate dai creatori solo per farsi notare o per sperimentare, ma non sono commissionate in alcun modo dalle aziende.
Fatto sta che lo spot è davvero bello, decisamente di più di quelli che vediamo ogni giorno in tv. Assomiglia molto agli spot usati da Apple (mi viene in mente “il Natale di Frankie”) dove si preferisce usare l’emotività piuttosto che pagare personaggi famosi.
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