Un team di bioingegneri ha prodotto tessuto cardiaco utilizzando foglie di spinaci.

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Una delle sfide più impegnative che si pone davanti ai ricercatori è quella di riuscire a padroneggiare la rigenerazione dei tessuti umani (sia che si parli di piccoli campioni prodotti in laboratorio, tessuti di dimensioni reali, ossa o addirittura interi organi da impiantare su pazienti che devono curare disturbi o ferite traumatiche): quella di creare un sistema vascolare che fornisca sangue all’interno dei tessuti di nuova creazione.

Le correnti tecnologie di bioingegneria, inclusa la stampa 3D, non riescono a fabbricare l’intricato groviglio vascolare fino alla scala capillare necessaria per l’apporto di ossigeno, nutrienti e molecole essenziali necessarie per lo sviluppo sano dei tessuti. Per ovviare a questo problema una squadra di ricerca del Worcester Polytechnic Institute ha utilizzato, con successo, delle piante.

Piante ed animali utilizzano approcci diversi per la diffusione di fluidi, sostanze chimiche e macromolecole. Tuttavia ci sono similitudini sorprendenti nel loro sistema vascolare. Lo sviluppo di piante de-cellularizzate come impalcature per sintetizzare una struttura capillare apre potenzialmente una nuova branca della scienza volta ad investigare la mimica che intercorre tra piante ed animali.

Con una serie di esperimenti la squadra ha posto in coltura cellule di cuore umano all’interno di foglie di spinaci private delle cellule vegetali. Facendo scorrere fluidi e micro particelle (simili nella dimensione a cellule ematiche) all’interno del sistema vascolare delle foglie di spinaci hanno notato che il sistema capillare veniva rivestito di cellule umane. Queste prove in laboratorio aprono la possibilità di utilizzare una moltitudine di foglie di spinaci de-cellularizzate per far crescere molteplici strati di sano tessuto cardiaco per trattare pazienti che soffrono di attacchi cardiaci.

Altre painte de-cellularizzate possono fornire materiale per una vasta gamma di tecnologie per la sintesi di tessuti. Glen Gaudette, professore di ingegneria biomedica alla WPI e a capo dello studio, afferma che nonostante ci sia ancora tanto lavoro da fare i risultati ottenuti fino ad ora sono molto promettenti: utilizzare piante che i nostri coltivatori producono in abbondanza da millenni per l’ingegneria biomedica può risolvere una lunga serie di problemi circoscrivendo gli studi per lo sviluppo di questa nuova tecnologia e abbassando i costi.

Lo stesso professore, ringraziando tutti i componenti del suo team di ricerca che includono non solo professionisti nell’ambito dell’ingegneria biomedica ma anche ricercatori dediti all’ambito degli steli e biologi botanici, ricorda come questo progetto affermi l’importanza della ricerca interdisciplinare. Dice infatti Gaudette: “Quando hai tante persone con esperienze diverse che guardano al problema da prospettive diverse, possono emergere soluzioni nuove e inattese”.

A dare vita al progetto è stato Joshua Gershlak, un’allievo del laboratorio di Gaudette, che ha aiutato a condurre e realizzare gli esperimenti ed ideato un processo funzionante per rimuovere le cellule vegetali dalle foglie di spinaci tramite la perfusione di una soluzione detergente attraverso le vene della foglia. Dice Gershlak: “Dopo aver visto la de-cellularizzazione operare sul tessuto cardiaco di cuori umani, guardando le foglie di spinaci il loro sistema vascolare ed in particolare lo stelo mi hanno ricordato un’aorta. Quindi ho pensato: perché non operare una perfusione attraverso lo stelo? Non eravamo sicuri se avrebbe funzionato o meno, ma lo ha fatto e si è dimostrato essere abbastanza facile, riproducibile e funzionante su una grande varietà di piante.”

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Foto in sequenza raffiguranti la de-cellularizzazione delle foglie di spinaci | WPI

Quanto le cellule vegetali vengono lavate tutto ciò che resta non è altro che una struttura composta prevalentemente da cellulosa, una struttura che non è affatto dannosa per gli individui: la cellulosa è biocompatibile ed è stata utilizzata largamente nella medicina rigenerativa quale la ricostruzione di tessuti cartilaginei e la rigenerazione di ferite.

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