Effetto Brexit: aumento dei prezzi da parte di Microsoft, Apple, HTC e altre aziende

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Nelle ultime settimane le notizie di effetti negativi post Brexit si sono fatte sempre più frequenti. La causa non sono di certo i giornalisti che si concentrano solo sugli effetti negativi bensì la normale conseguenza a quegli effetti macroeconomici che, con il passare del tempo, qualsiasi economista può individuare.

Nelle ultime settimane il valore della sterlina si è abbassato tanto che c’è stato un momento in cui negli aeroporti inglesi si scambiava una sterlina con un euro. Anche nel momento in cui scrivo la sterlina è a 0,89€, praticamente vicina ai minimi di sempre e ben lontana dai 0,70€ a cui veniva scambiata quest’estate.

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Come se non bastasse diverse aziende e startup hanno già annunciato di lasciare la City e spostare il proprio centro degli affari verso un nuovo polo finanziario. Ma la notizia che ha più fatto scalpore questa settimana è quella relativa alle principali banche britanniche. Secondo Anthony Browne, capo della British Bankers’ Association (Bba), le banche britanniche si stanno già mobilitando per lasciare Londra.

L’Observer ha stimato oltre 70.000 posti di lavoro a rischio in conseguenza delle decisioni di banche e altre aziende di spostare la sede all’estero, oltre alle persone che si trasferiranno per decisioni personali ed economiche.

Le prime aziende a dover rivedere i prezzi dei propri prodotti sono state OnePlus e HTC; la prima è stata costretta ad alzare i prezzi del suo top gamma One Plus 3, mentre la seconda ha rivisto a rialzo il prezzo del visore per la realtà virtuale Vive.

Anche Apple ha alzato i prezzi del nuovo iPhone di 50 sterline rispetto a quello della passata edizione (6S), sempre con le stesse motivazioni, in primis la svalutazione della moneta inglese rispetto al dollaro americano.

L’ultima delle big dell’hi-tech a rivedere i suoi prezzi al rialzo è Microsoft, che nel corso della giornata di ieri ha annunciato che dal 1 gennaio 2017 saranno rivisti i prezzi dei servizi con motivazione “l’armonizzazione con i prezzi in vigore nell’aerea di appartenenza”. Si parla di un incremento del 13% per quanto riguarda i prezzi dei software enterprise e del 22% per i servizi cloud. L’azienda con sede a Redmond ha però specificato che non vi saranno, per ora, incrementi di prezzo per quanto riguarda gli abbonamenti Office 365 e i servizi cloud dedicati ai privati, anche se in realtà potranno essere i singoli rivenditori ad aumentare i prezzi al pubblico. Una notizia positiva c’è: per chi avesse contratti già attivi non ci saranno variazioni e i prezzi rimarranno quelli sino alla scadenza.

Fonti: MS Blog, Corriere

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